Riceviamo e pubblichiamo

Così come nel passato, si ripropone il problema della carenza d’acqua potabile e, conseguentemente, del dilatamento dei turni di distribuzione, un dilatamento insopportabile per le famiglie, per gli esercizi commerciali, per gli alberghi e i B&B. La problematica è stata ampiamente affrontata e discussa da partiti politici, associazioni dei consumatori e, non ultimo, dalla Chiesa. Da tutti si sollecita il ritorno alla gestione pubblica risolvendo il contratto con l’attuale gestore privato accusato di inadempienze e inottemperanze. Facile a dirlo, difficile ad attuarlo. Nessuno, infatti, pone sull’altro piatto della bilancia le soluzioni necessarie. Ma come si può tornare alla gestione pubblica se il Comune non ha sorgenti proprie né tantomeno potabilizzatori e se le condotte che partono da Santo Stefano di Quisquina non sono nella sua disponibilità? Facile fare demagogia non avendo responsabilità alcuna sugli eventuali atti da compiere. Se si vuole effettivamente pubblicizzare l’acqua bisogna fare pressione sulla Regione, l’unica istituzione in grado di legiferare e di dare un nuovo corso alla gestione dell’acqua in Sicilia. Polemiche, prese di posizioni, comunicati non servono a nulla se non a dimostrare che ci si è.

Oggi l’unico appello che si può lanciare è quello di far rispettare quanto sottoscritto durante l’amministrazione Manganella presso l’assemblea dell’ATI, cioè ridurre le tariffe (competenza che spetta ai sindaci) e installare i contatori per pagare tutti in base agli effettivi consumi. Pagando tutti è ovvio che si pagherà di meno.

Per quanto riguarda i disagi di questi giorni si potrebbe studiare un sistema, che spetta in ogni caso all’assemblea dei sindaci, per ridurre i costi della bolletta proporzionalmente ai giorni di ritardo dell’erogazione idrica.

Calogero Castronovo consigliere comunale PD di Favara