Gent.mo Direttore,
assisto con distaccata rassegnazione alle impetuose vicende che stanno coinvolgendo i consiglieri comunali della mia città che assurgono agli onori della cronaca grazie alla ribalta nazionale legata all’ormai famoso servizio giornalistico andato in onda all’interno della trasmissione Ballarò.
Parlo di distacco e di rassegnazione per rivelare un sentimento di abulica acquiescenza a quello che, oramai, ritengo essere l’abitudine di noi Agrigentini ad essere ultimi in tutto utilizzando questa condizione per lamentarci della necessità di uscirne fuori, senza mai riuscirci.
Preciso che, vivendo fuori oramai da qualche anno, l’amore per la mia terra diventa sempre più forte e viscerale di quanto non lo fosse quando ne vivevo la quotidianità.
Ritornare ad Agrigento significa, ogni volta, ricaricare la memoria e lo spirito per ricordarsi che siamo figli dei nostri luoghi, dei profumi del nostro mare e della storia millenaria delle nostre origini.
Vuol dire, però, anche capire che la bellezza di essere agrigentino, viene quotidianamente scalfita dalla presa di coscienza che la città si avvia irrimediabilmente verso un declino senza ritorno.
Ed allora il risveglio delle coscienze dei giovani che vanno in televisione ad attaccare la classe politica, suscitando i commenti sdegnati di questo o quel deputato che non conosce neanche la realtà di cui si parla, si trasforma forse più in un favore fatto allo share di questo o quel talk show, piuttosto che essere uno strumento di visibilità reale per chi vuole cambiare le cose.
A quel punto, chi non sa come commentare le vicende, ma deve pur garantire al conduttore un’opinione sulla vicenda di rito, dice: ma questi giovani, ed i cittadini in genere, dov’erano quando si è votato e perché hanno consentito a questi signori di governare la città?
Tale ovvietà diventa poi il vero mistero su cui ciascuno di noi dovrebbe interrogarsi.
Il nostro essere Pirandelliani nelle vicende della politica non può, e non deve, arrivare al punto da non farci capire chi sono i soggetti che si propongono di diventare le sentinelle dell’amministrazione pubblica, e che invece puntualmente si trasformano nei peggiori affaristi con i soldi della collettività. Da anni la politica agrigentina si vanta di avere altissime figura di riconosciuto prestigio che occupano gli scranni più importanti delle nostre istituzioni, ma di tale capacità la città ha visto poco o nulla: soprattutto per colpa di noi elettori.
La città, banale dirlo, è dei cittadini.
A cominciare dal rispetto minimo delle regole di convivenza civile, per proseguire con la raccolta differenziata che pare proprio essere una cosa non fattibile (come se stessimo parlando di chissà quale esercizio di buon senso a noi impraticabile); per non parlare dell’indomita schiera di cittadini che sono sempre pronti a dare addosso ai nostri rappresentanti (eletti da noi!!) salvo poi bussare alle segreterie varie per il piccolo favore di rito che dobbiamo chiedere a questo o a quell’altro.
Se Pirandello fosse uomo di questi tempi non credo sarebbe contento di sentire che tali pratiche, oramai storicamente consolidate nel nostro essere siciliani, che tutto questo viene visto come Pirandelliano, quasi ad indicare un’indole, un’inclinazione dell’essere di questa terra che diversa da così non può essere.
Amo ed amerò sempre la mia città anche se ultima tra le tante, perché mi rende orgoglioso di essere siciliano per le tante figure per bene che ogni giorno si alzano e mandano avanti le loro piccole e medie imprese, senza essere conosciuti dai più; per quelle persone che si comportano con diuturna correttezza nello svolgere le loro pubbliche funzioni, pur non essendo Ministri o Sottosegretari; per mia figlia che ha nel sangue un pò di questa terra e che spero, quando sarà grande, possa essere orgogliosa anche lei per una nuova dignità ritrovata.
Grazie
Fabio Lauricella