La Corte di Cassazione ha dato ragione ad una Agrigentina contagiata da epatite C che si era vista negare dal Ministero della Salute il diritto all’indennizzo previsto dalla legge 210/92 in favore dei soggetti danneggiati per trasfusione di sangue infetto.
La Sig.ra B.A. nel 1991, nel corso di un ricovero presso l’Ospedale S. Giovanni di Dio di Agrigento, subiva la somministrazioni di sangue rivelatosi infetto dal virus dell’epatite C.
Nel 1995 all’età di 35 anni la giovane agrigentina scopriva di essere positiva al virus e nel 2000, a seguito di un aggravamento delle condizioni di salute avanzava la domanda di indennizzo per il conseguimento dei benefici previsti in favore dei soggetti danneggiati da trasfusioni di sangue infetto.
Tuttavia la richiesta veniva respinta dal Ministero della Salute in quanto, pur sussistendo il nesso di causalità tra trasfusione e il contagio, la domanda di indennizzo sarebbe stata presentata oltre il termine previsto dalle legge di tre anni dalla scoperta del danno da contagio (1995).
Già nel 2000, con l’assistenza degli Avvocati Angelo Farruggia e Annalisa Russello del Foro di Agrigento, la danneggiata impugnava il diniego innanzi al Tribunale di Agrigento che tuttavia dava ragione al Ministero della Salute difeso dall’Avvocatura di Stato.
La sentenza di primo grado veniva impugnata innanzi alla Corte di Appello di Palermo che rigettava l’appello e confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Agrigento.
In ragione del danno patito, la giovane donna proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Palermo.
Il Supremo Collegio, con sentenza depositata il 23 settembre 2013, dopo tredici anni di battaglia processuale, ha dato ragione alla ricorrente e nell’annullare la sentenza della Corte di Appello di Palermo, ha stabilito, accogliendo la tesi sostenuta dai legali, che il termine di tre anni per la presentazione della domanda di indennizzo non può farsi coincidere e decorrere dalla semplice scoperta della positività al virus HCV (nel caso di specie 1995), ma dal diverso momento in cui la malattia si era manifestata con segni evidenti e percepibili dalla danneggiata.
L’Avv. Angelo Farruggia nel commentare la sentenza, sottolinea l’importanza che la pronuncia espressa dalla Suprema Corte di Cassazione assume nel panorama giurisprudenziale nazionale in materia di danno da sangue infetto, atteso che apre la strada a tutti coloro, e sono la maggior parte dei danneggiati, che hanno presentato la domanda di indennizzo oltre il termine di tre anni dalla semplice scoperta della positività al virus.