Fra le varie forme d’investimento attuabili tramite la sottoscrizione di fondi comuni ci sono i PIR, acronimo di Piani Individuali di Risparmio, recentemente introdotti dall’articolo 1, commi 100-114, della legge di bilancio n. 232/2016. Si tratta di una nuova forma di investimento appannaggio delle persone fisiche al di fuori dello svolgimento di attività imprenditoriali che, a determinate condizioni ed entro certi parametri, godono di un regime di esenzione fiscale molto vantaggioso.

Per usufruire della prevista esenzione fiscale sui proventi periodici, sulle plusvalenze realizzate e sulle imposte di successione è necessario che il risparmiatore mantenga l’investimento per un periodo minimo di cinque anni, per un importo massimo di 30 mila euro annui e di 150 mila in cinque anni. E’ chiaro che ove il risparmiatore decidesse di disinvestire il piano di risparmio prima del termine di cinque anni, perderebbe il diritto alle agevolazioni fiscali.

Considerata la soggettività delle agevolazioni fiscali, la legge prevede che ogni risparmiatore/persona fisica può costituire un solo PIR, peraltro mono intestato, escludendo quindi la possibilità di attivare uno stesso PIR in capo a due o più soggetti.

Per poter essere definiti piani individuali di risparmio, gli strumenti finanziari dedicati (fondi comuni di investimento, polizze assicurative unit linked, gestioni patrimoniali) debbono essere gestiti da intermediari finanziari e compagnie di assicurazioni ai quali la legge impone precise regole sulla composizione del piano.

In particolare, la legge prevede che le somme investite nei PIR debbano confluire per non meno del 70 per cento in strumenti finanziari emessi da aziende fiscalmente residenti in Italia oppure anche in Stati membri dell’Ue ma con stabile organizzazione in Italia. Di detta percentuale, almeno il 30 per cento deve essere investita in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB (il principale indice dei mercati azionari italiani) di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati. E’ pure previsto che possano essere investite nei PIR quote o azioni di OICR (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio) sempre nel rispetto del vincolo territoriale di cui sopra.

Fermi restando i succitati limiti temporali e di importo previsti dalla legge, i piani individuali di risparmio costituiti tramite fondi comuni di investimento possono essere in forma PIC (versamento di un importo in un’unica soluzione), in forma di piano d’accumulo (PAC), di tipo azionario, bilanciato oppure obbligazionario con stacco cedola periodica o ad accumulazione dei proventi, in modo da venire incontro alle esigenze dei singoli risparmiatori.

Il motivo per cui il legislatore ha voluto introdurre tale forma di investimento con un consistente quanto innovativo regime di esenzione fiscale muove dall’esigenza di finanziare le PMI italiane che, in questo particolare contesto economico-finanziario, riscontrano serie difficoltà di accesso al credito atteso che le banche tradizionali, nel loro complesso, hanno iscritti nei loro bilanci crediti in sofferenza per centinaia di miliardi di euro, un peso enorme che non consente loro di erogare facilmente credito.

Scopo dei PIR è, dunque, far confluire liquidità alle aziende sopra individuate per consentire loro di investire in nuovi processi produttivi con cui dare sviluppo alle loro attività imprenditoriali in modo che si inneschi un circolo virtuoso che, tramite l’assunzione di lavoratori, possa dare impulso ai consumi e quindi alimentare il sistema economico nazionale, con conseguente incremento del PIL.  

La scelta del legislatore di delegare tale “missione” ad intermediari finanziari e compagnie di assicurazioni mira alla mitigazione dei rischi finanziari poiché i PIR sono destinati in prevalenza alla clientela cosiddetta retail, spesso con poca cultura finanziaria e con una bassa tolleranza al rischio. Per far ciò i gestori dei fondi dovranno prestare molta cura ed attenzione alla strutturazione dei PIR onde mantenere il livello del rischio a livelli bassi.

Peraltro, proprio in questi giorni il ministro Pier Carlo Padoan, durante la sua visita al Salone del Risparmio di Milano, ha comunicato i dati sui PIR che stanno arrivando al Ministero Economia e Finanze (un miliardo di euro di sottoscrizioni nel primo trimestre 2017) talché le proiezioni per il quinquennio darebbero numeri molto superiori rispetto alle iniziali previsioni di raccolta (14 miliardi di euro in cinque anni).

Non va trascurato il fatto che in paesi come la Francia e l’Inghilterra, laddove strumenti analoghi ai PIR di casa nostra sono presenti su quei mercati da diversi anni, le PMI hanno beneficiato di consistenti flussi di denaro raccolti da piccoli risparmiatori che, attratti dalle agevolazioni fiscali, hanno sottoscritto i piani sostenendo e supportato finanziariamente le aziende con importanti riflessi sulle rispettive economie nazionali.

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