Nella prima puntata – pubblicata il 6 febbraio – ho fatto un’analisi delle diverse tipologie di strumenti di pagamento quali carte di debito, di credito e prepagate (moneta elettronica), illustrandone le principali caratteristiche tecniche ed operative, e mettendo in risalto le differenze esistenti fra le varie carte.

Ma oltre alla moneta elettronica la cui conoscenza ed utilizzo registrano un costante trend di diffusione fra consumatori ed esercenti di attività commerciali e di prestazione di servizi, altro importante strumento di pagamento meritevole di approfondimento è l’assegno, bancario e circolare, che seppur molto meno utilizzato rispetto al passato è ancora un valido mezzo di pagamento tuttora presente nei portafogli di tanti correntisti.

L’assegno bancario, ben diverso dall’assegno circolare di cui dirò di seguito, è un titolo di credito esecutivo in virtù del quale un correntista, denominato “traente”, ordina all’istituto di credito (banca trattaria) presso cui detiene un rapporto di conto corrente, di pagare a sé stesso o ad un soggetto terzo, una determinata somma di denaro che deve essere disponibile sul medesimo c/c.
Anche con l’assegno circolare si può pagare una determinata somma, a sé stesso o ad un terzo soggetto ma, rispetto all’assegno bancario, in questo caso ad essere “traente” è la banca che emette il titolo e che si impegna a pagare al beneficiario la somma su esso indicata.

Antonio Prestia

In estrema sintesi, l’assegno bancario non garantisce al beneficiario il pagamento della somma indicata sull’assegno in quanto il conto corrente del traente potrebbe non avere fondi disponibili in misura sufficiente per onorare il pagamento dell’assegno che, in tal caso, finirebbe per rimanere “scoperto” e soggetto alla procedura del protesto. Il pagamento tramite assegno circolare è invece garantito dalla banca traente.

Ritengo indispensabile evidenziare che, in base ad una disposizione normativa anticiriciclaggio, introdotta con la legge 214/2011, gli assegni sia bancari sia circolari devono essere emessi con la clausola “non trasferibile”, salvo esplicita richiesta contraria del correntista che può emettere assegni con la clausola “trasferibile” per effettuare operazioni di importo inferiore a mille euro.

In questo caso specifico, il correntista dovrà richiedere al proprio istituto di credito il rilascio di assegni privi della clausola “non trasferibile”, corrispondendo l’imposta di bollo in misura fissa (€ 1,50 euro per assegno). Anche se ormai le banche rilasciano i carnet (blocchetti) di assegni con la clausola “non trasferibile” prestampata, occorre fare molta attenzione nel compilare gli assegni bancari poiché se si utilizza un vecchio blocchetto dimenticato in fondo ad un cassetto e lo si utilizza violando la suddetta disposizione legislativa è prevista l’applicazione di una pesante sanzione amministrativa pecuniaria, dall’1% al 40% dell’importo esposto sul titolo, con un minimo di 3.000 euro.

Addirittura, se ad essere privo della clausola di non trasferibilità risulta un assegno bancario di un importo superiore a 50.000 euro la sanzione prevista, fermo restando il minimo di 3.000 euro, è dal 5% al 40% dell’importo della transazione.

Voglio inoltre soffermarmi sul fatto che in considerazione delle sue intrinseche caratteristiche di strumento di pagamento, l’assegno bancario non può mai avere una scadenza futura poiché deve essere sempre pagabile a vista. In realtà, nella gestione pratica dell’assegno, è molto diffuso l’uso del titolo alla stregua di uno strumento di credito, giacché di pagamento. E’ infatti prassi consolidata l’emissione di assegni “postdatati”, ovvero con l’indicazione di una data futura nel campo riservato alla data di emissione, con l’intento di considerare quella data quale scadenza del titolo, in corrispondenza del quale il beneficiario potrà riscuotere o versare su conto corrente l’importo in esso esposto.
Anche la prassi di rilasciare assegni con la data di emissione in bianco, con l’accordo fra traente e beneficiario di procedere con la negoziazione del titolo non prima di una certa data o al verificarsi di un determinato evento, è assai diffusa ma, sia la postdatazione dell’assegno che la non indicazione di alcuna data, sono in ogni caso inefficaci poiché l’assegno bancario, posto all’incasso prima del giorno di emissione indicato sul titolo è comunque pagabile nel giorno di presentazione, com’è previsto dall’articolo 30 del Regio Decreto n. 1736 del 1933.
Peraltro, in quest’ultimo caso, la fattispecie è sanzionata fiscalmente poiché l’assegno postdatato è considerato alla stregua di una cambiale e, pertanto, assoggettato all’imposta di bollo in misura proporzionale al valore indicato sul titolo.
Antonio Prestia
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