“Sulla vicenda commissioni io non ho nulla da rimproverarmi e di cui vergognarmi.”

Il consigliere comunale, Alessandro Patti, interviene in merito allo scandalo delle “commissioni d’oro” spiegando, in una nota che pubblichiamo di seguito, i motivi per i quali non intende dimettersi.

Ecco il testo della nota

Se volessi dare un titolo al cortometraggio  sulla mia esperienza amministrativa, potrei scrivere: “chi di gettone ferisce, di gettone perisce”. Già, perché a quanto pare, solo pochi intimi ricordano che il mio esordio in Consiglio Comunale mi portò sin da subito a porre una pesante questione morale: con la prima delibera sfornata non appena insediati, Sindaco e Giunta decisero di aumentarsi l’indennità di funzione, mentre ci preannunziavano l’aumento al massimo dei tributi locali. Pochissimi oggi ricordano che larghe e trasversali frange del Consiglio Comunale avrebbero voluto invece cogliere la palla al balzo, emulare l’Amministrazione e riaumentare l’importo del gettone di presenza nonché del tetto massimo. Fu proprio il mio intervento mediatico, solitario ed isolato, ad informare la città – allora però in preda ad un sonno soporifero misto all’euforia del risultato elettorale – ed a stigmatizzare quelle scelte (beninteso legittime, ma a mio avviso immorali), inducendo quelle frange di consiglieri a recedere, nell’attesa di tempi migliori. Da allora me la giurarono e venni anche condannato ad un isolamento fisico, ancor prima che politico. Ricordo che da più parti mi si disse che stavo semplicemente conducendo una “battaglia contro i mulini a vento”! Purtroppo, col senno di poi, debbo amaramente constatare che avevano ragione, vista la generale indifferenza degli agrigentini e l’isolamento politico e personale che ne è derivato.

Andando ai fatti odierni, ritenevo – evidentemente sbagliando – che il titolo di questa squallida storia fosse “1150 Commissioni”. Ritenevo, e continuo a ritenere, che questa storia non mi appartenesse, in ragione di tre passaggi: dimissioni da Presidente di Commissione nel Dicembre 2013, in vista del ritorno al passato a far data dal 2014 in quanto al tetto massimo; partecipazione eufemisticamente esigua alle commissioni (69 su circa 240); personalissima scelta di non parteciparvi più, a seguito delle dimissioni del sindaco.

Ed invece, venni rapidamente tacciato di essere: 1) un DISERTORE (ricordo che sul mio capo pende ancora la scure di un’anonima richiesta di decadenza dalla carica per aver, senza giustificato motivo, omesso di partecipare alle commissioni); 2) un DELATORE, perchè invitato da Ballarò a riferire quanto da me già divulgato a livello locale; 3) un CONNIVENTE, giacchè avrei omesso di denunziare anzitempo quanto già stigmatizzato nel Luglio 2012, coi risultati di cui ho già detto. Dico subito che, delle tre balzane e bizzarre accuse, quest’ultima è quella che reputo maggiormente ingiusta, immeritata e che tanta amarezza mi sta provocando.

Avevo già detto ai locali organi d’informazione, ho poi ripetuto a Ballarò e ribadisco ancora oggi, che la vicenda “commissioni spropositate” si svolge nel quadro delle norme, dei regolamenti e delle prassi vigenti. Questo il passaggio chiave di una mia recente nota, sostanzialmente riproposta a Ballarò ma purtroppo non mandata in onda, preferendo scorrettamente dare spazio ad un rubato “fuori onda”, apparentemente più eclatante sol perchè privo della premessa: “mentre da più parti si faceva di tutta l’erba un fascio, denunziando e dipingendo un malcostume elevato a sistema io, premettendo che i fatti per cui oggi è clamore sono indiscutibilmente legali e conformi all’assetto normativo, affermavo ed affermo ancora che l’evidente ed innegabile degenerazione è piuttosto figlia di scelte strettamente personali, più o meno diffuse. Insomma, ritenevo e continuo a ritenere che la questione assuma piuttosto connotati etici e di opportunità socio-politica, la cui valutazione viene rimessa alla discrezionalità del singolo individuo, ancor prima che consigliere comunale”.

Qualcuno mi rimprovera il fatto di non aver denunziato; ma io non ho visto e continuo a non vedere fatti illeciti da denunziare, bensì soltanto degrado etico. Alcuni consiglieri, ignari del contesto in cui sono collocate le parole rubate ed andate in onda su Raitre, preannunziano addirittura querele nei miei confronti.

La verità è che, alla luce dell’esperienza del Luglio 2012, all’esito della quale venni ignorato dall’opinione pubblica ed isolato dal mondo politico, stavolta avevo adottato la tattica dei segnali e messaggi subliminali ed inequivocabili: dimissioni da presidente di commissione; partecipazione esigua, fintantochè aveva secondo me un senso; assenza totale all’indomani delle dimissioni del sindaco ed in vista dell’insediamento del Commissario. Evidentemente, alcuni soggetti (consiglieri e non) hanno snobbato i miei segnali, salvo poi tacciarmi di slealtà politica per aver avvertito l’esigenza di chiarire la mia personalissima posizione e di prendere le distanze da altrui scelte personali, che non condivido.

Insomma, sulla vicenda commissioni io non ho nulla da rimproverarmi e di cui vergognarmi.

Mi corre adesso l’obbligo di porre l’accento sul rinnovato ed eclatante mio isolamento fisico all’interno del consiglio comunale. Non sarà sfuggito ai più attenti osservatori che Giovedì scorso, nel corso della mattinata ed in vista della seduta pomeridiana, venne diffusa da Agrigentoflash la notizia secondo cui i consiglieri avevano concordato di procedere all’esitazione di tutti i punti all’ordine del giorno e, dopodichè, andare verso le dimissioni di massa. Non sarà neppure sfuggito, sempre ai più attenti osservatori, che prima dell’inizio della seduta consiliare del 5 febbraio u.s., molti consiglieri si riunirono in conclave per definire il più da farsi. Ebbene, all’esito di quella riunione, alla quale non sono stato invitato a partecipare e della quale non sono stato informato, quei consiglieri decisero di annunziare urbi et orbi che avrebbero rivolto formale istanza alla Procura della Repubblica di restituzione degli atti inerenti il PRG e sequestrati il giorno prima (sic!), onde procedere alla loro esitazione, per poi rassegnare le dimissioni collettive.

Ebbene, con questa – beninteso – legittima strategia, volta ad estraniarmi ed isolarmi definitivamente dalle diffuse scelte operate da singoli consiglieri (alle quali sono estranei i miei colleghi di gruppo, che ringrazio), costoro hanno mandato alla città un messaggio chiarissimo ed inequivocabile; hanno cioè legittimamente detto quello che io non avevo neppure lontanamente osato pensare, né tantomeno sbandierare: io non sono uno di loro; io sono altro ancora!

Alla luce di tutto ciò, non ravvedo ragioni e motivi per cui io debba rassegnare le dimissioni dalla carica di consigliere comunale.