Il deputato nazionale del Pd Giuseppe Lauricella e il sindaco di Palma Montechiaro Pasquale Amato, invitano i cittadini alla mobilitazione in difesa dell’acqua pubblica.
“Mentre il governo nazionale ha stabilito con legge il ritorno in mano pubblica della gestione delle risorse idriche, dalle nostre parti si procede al contrario. La gestione del servizio da parte dei privati, infatti, è connotata da gravi squilibri finanziari i cui effetti negati sono riversati sugli utenti costretti a sopportare il pagamento di una tariffa di gran lunga superiore a quella che dovrebbero pagare qualora effettivamente si fosse attuata la gestione integrata efficiente”.
Lauricella ed Amato, inoltre “criticano quei sindaci dell’agrigentino come Ravanusa, Canicattì e Grotte e della commissariata Licata, che hanno consegnato le reti al gestore privato favorendone un uso gratuito di impianti di proprietà delle popolazioni locali”.
“Hanno consegnato gli impianti idrici del consorzio al gestore privato che naviga in condizioni economiche incerte, senza nulla a pretendere per le comunità titolari- concludono Lauricella ed Amato- e tentato pure di osteggiare la comunità palmese al legittimo uso di una rete di cui è contitolare, tentando di creare disagi e creando ostruzionismo alla fornitura di un bene primario”.

Ecco il testo
DIRITTO ALL’ACQUA

Il diritto all’acqua risulta quale estensione del diritto alla vita affermato dalla Dichiarazione universale dei diritti umani. Esso riflette l’imprescindibilità di questa risorsa relativamente alla vita umana.

La risoluzione ONU del 28 luglio 2010 dichiara per la prima volta nella storia il diritto all’acqua “un diritto umano universale e fondamentale”:
“Gli Stati nazionali dovrebbero dare priorità all’uso personale e domestico dell’acqua al di sopra di ogni altro uso e dovrebbero fare i passi necessari per assicurare che questa quantità sufficiente di acqua sia di buona qualità, accessibile economicamente a tutti e che ciascuno la possa raccogliere ad una distanza ragionevole dalla propria casa.”

Da noi si va controcorrente e per di più in modo incomprensibile.
In un momento in cui:
– il governo regionale con la L.R. n.2/2013, non si è limitato soltanto a disporre l’estinzione dei Consorzi ATO idrici, ma ha già anticipato le linee guida della nuova disciplina della materia, prevedendo che essa dovrà essere rispettosa dell’esito del referendum del 2011, così assicurando che la gestione della risorsa idrica ritorni in mano pubblica, prevedendo, altresì, sia la forma della gestione diretta ad opera di ogni singolo comune, sia quella consorziata, ma su base volontaria, alla stregua di quanto è già accaduto per la gestione dei servizi di raccolta dei rifiuti. Infatti, l’art. 1 della L R. n. 2/2013, conformemente alla disciplina statale, ha disposto la soppressione degli ATO e la loro messa in liquidazione, ma, al 6° comma, autorizza i comuni che non hanno consegnato le reti alla gestione diretta del servizio pubblico;
– la gestione del servizio da parte del gestore privato è connotata da gravi squilibri finanziari i cui effetti sono riversati sugli utenti, costretti a sopportare il pagamento di una tariffa di gran lunga superiore a quella che dovrebbero pagare qualora effettivamente si fosse attuata la gestione integrata efficiente;
i sindaci di Ravanusa Carmelo D’Angelo e di Canicattì Vincenzo Corbo, trascinandosi il consenso di Licata commissariata con commissario regionale e del sindaco di Grotte, si fanno promotori di consegnare le reti al gestore privato favorendone un uso gratuito di impianti di proprietà di una popolazione che l’ha creati e mantenuti in 100 anni di consorzio, patrimonio posti a servizio e vantaggio gratuito del gestore privato! Per quale motivo vista la normativa vigente? A qyale prezzo e con quale danno patrimoniale sulle spalle della comunità che costituisce il consorzio? Che non è solo Palma di Montechiaro, ma è anche Grotte, Racalmuto, Canicattì, Ravanusa, Campobello di Licata e Licata!
Ma i sindaci nella qualità di soggetti titolari della corretta gestione del pubblico servizio e responsabili primi degli interessi della comunità locale, non sono obbligati ad intraprendere tutte le iniziative preordinate al soddisfacimento dell’interesse pubblico all’efficienza ed economica gestione del servizio pubblico in questione?
Considerato che non è corrispondente all’interesse pubblico l’attuale affidamento in concessione d’uso degli impianti idrici dei comuni, non dovrebbero procedere invece i sindaci e i consigli comunali alla revoca nell’interesse delle comunità, i sindaci che hanno ceduto le reti chiaramente, e tornare alla gestione diretta? E invece no, addirittura consegnano gli impianti del consorzio al gestore privato che naviga in condizioni economiche incerte, senza nulla a pretendere per le comunità titolari, per i propri concittadini, anzi tentano di osteggiare la comunità Palmese al legittimo uso di una rete di cui è contitolare, tentando di creare disagi e creando ostruzionismo alla fornitura di un bene primario l’acqua, in vigenza della L.R. n.2/2013 per dissetare i cittadini di un territorio che con coerenza cercano di approvvigionarsi di un bene primario, che garantisce il diritto alla vita, con pratiche di efficienza ed economicità nella gestione che la gestione diretta ci garantisce!
E invece ci troviamo nel breve giro di poco più di un mese con:
– una diffida al consorzio Tre Sorgenti a consegnare gli impianti da parte del sostituendo Commissario Straodinario – Dott. Infurnari -, cioè soggetto privo di qualsiasi potere autoritativo, in quanto commissario liquidatore, e cioè con solo potere di attività ricognitiva e censimento delle gestioni esistenti e di verifica dei rapporti giuridici attivi e passivi con esclusione di qualsiasi attività che vada a stravolgere l’assetto organizzativo del servizio, potendosi limitare al più (come previsto nella circolare assessoriale 3/2013, punto 3,cpv 3) qualora fossero emerse delle problematiche, ad evidenziarle nel resoconto da allegare alla relazione preliminare;
– la reitera tempestiva di tale diffida da parte del sindaco Carmelo D’Angelo di Ravanusa, soggetto obbligato per legge e ruolo ad intraprendere tutte le iniziative preordinate al soddisfacimento dell’interesse pubblico all’efficienza ed economica gestione del servizio pubblico in questione;
– ancora prima della scadenza dei trenta giorni dalla diffida del consorzio d’Ambito, l’Assessorato Regionale competente in materia di Servizi di Pubblica Utilità – dipartimento per i rifiuti e le acque – in persona del suo dirigente generale appena nominato (Ing. Domenico Armenio, sino al 13.11.2014 capo del Genio Civile di Agrigento), regione titolare della L.R. n.2/2013!;
– un voto di assemblea in data 17 dicembre 2013, a favore della cessione degli impianti, dato anche dal delegato dal commissario regionale al Comune di Licata, cioè soggetto nominato dall’ente titolare della legge regionale n.2/2013 che dovrebbe applicare e far rispettare!

Tutto ciò accade mentre il Consorzio esercitava legittimamente le sue funzioni, occupandosi della gestione e della adduzione di acqua dalle proprie sorgenti – acque queste legittimamente possedute – che distribuisce ai comuni consorziati per conto dei quali è legittimamente gestore delle risorse idriche di cui dispone.

SIAMO CIRCONDATI!

Lanciamo l’allarme anche per quei comuni che non hanno consegnato le reti e non sono direttamente coinvolti in questa vicenda, perché:
– il silenzio e l’inerzia sta permettendo di violare a soggetti che operano per nome e per conto della regione ciò che la legge, fatta dal medesimo governo regionale, permette di fare!
– perché non si crei l’alibi che la gestione di Girgenti Acque sia stata resa significativamente più onerosa a causa della mancata consegna degli impianti da parte dei comuni che hanno mantenute pubbliche la gestione delle reti, così come asserito nelle spiegazioni a supporto della quantificazione delle tariffe da parte del gestore, che non ha fatto invece investimenti di carattere generale che possano giustificare una tale affermazione a fronte forse di un inspiegabile perché esagerato arruolamento di un esercito di assunti, causando un probabile sovradimensionato palese del servizio! Alibi che va subito contrastato, a scanso di presunte pretese per danni emergenti provocati invece da una gestione disastrosa!

Noi difendiamo un diritto sacrosanto e perciò non ci fermiamo di fronte a niente e nessuno, in difesa del diritto all’acqua “diritto uguale per tutti, senza discriminazioni, all’accesso ad una sufficiente quantità di acqua potabile per uso personale e domestico – per bere, lavarsi, lavare i vestiti, cucinare e pulire se stessi e la casa – allo scopo di migliorare la qualità della vita e la salute e accessibile economicamente”!

Il momento richiede la mobilitazione delle comunità tutte per fronteggiare l’attacco sferrato ad un bene primario l’ ACQUA, da ottenere a costi accessibili del servizio.

Il sindaco
Pasquale Amato

Giuseppe Lauricella (deputato nazionale PD)