Riceviamo e pubblichiamo

Gentile Direttore, il mio è soltanto uno sfogo, ma mi piacerebbe che il tuo giornale gli desse spazio.
Solo un tentativo per combattere l’inefficienza o, almeno, per tentare di arginarla. Grazie dell’attenzione.
Doriana Consiglio

Sabato pomeriggio ad Agrigento. Ore 16.40, esco di casa in tutta fretta perché devo andare a prendere i miei nipoti all’uscita dal catechismo. Ho venti minuti di tempo per raggiungere Fontanelle, dove si trova la loro parrocchia. Mi accorgo di avere la macchina bloccata perché un coglione (Minauto, targa OMISSIS) ha messo la sua di traverso sulla strada, ostruendo il passaggio. Strombazzo col clacson per 10 minuti, non arriva nessuno, i miei nipoti stanno uscendo dal catechismo, faccio il 113 per sapere cosa bisogna fare in questi casi. Mi dicono che la competenza è dei Vigili Urbani e loro stessi mi mettono in collegamento con il centralino della Polizia Municipale. Attendo, per minuti che mi sembrano infiniti, che qualcuno risponda. Poi finalmente una voce. Solo una voce, nessuna risposta al mio problema se non la difficoltà aggiuntiva di far comprendere al tizio all’apparecchio il perché della mia telefonata. «È un parcheggio privato, noi non possiamo intervenire», è la laconica e sbrigativa sentenza. «È pubblico, guardi. C’è pure la targa del Comune: Piazzetta Dante Alighieri». Sembra che il tipo stia cercando di prender tempo, io non capisco il perché. Spiego l’urgenza dello sboccare la macchina. A quest’ora ci sono due bambini in strada che aspettano che qualcuno li vada a prendere. Lui appare infastidito, mi rimprovera di essere troppo generica. Devo essere più precisa nelle mie indicazioni. Ridò di nuovo la via e il numero civico, aggiungo di essere proprio davanti la chiesa. «Sì, ma quale chiesa?». Ce n’è solo una in Via Dante, ma magari la città è grande (!) e lui può non saperlo. In una telefonata che ha ormai i toni del grottesco, ribadisce che le mie indicazioni non sono sufficienti per un loro intervento. Serve il numero civico della chiesa. Glielo do, ma dentro di me resto convinta che un campanile si noti più di un numero civico. Temo che adesso mi chieda pure di contare i gradini che ci sono davanti l’ingresso e le colonne all’interno della chiesa. E se poi sbaglio e perdo il diritto al loro intervento? Sono fortunata, il burocrate si placa. Gli è bastato ch’io abbia indovinato la lettura del numero civico. Il tono adesso è più conciliante, forse non credeva sarei riuscita a sopravvivere a tutti gli ostacoli del percorso.
Game over.
Adesso, solo adesso, mi dice che non possono intervenire perché non hanno i mezzi. «Signora, lei deve capire. Non è colpa mia». Ormai ha capito di avermi sconfitta. Gioca sulla mia capacità di comprensione e sulla condivisione della responsabilità. Amichevolmente mi consiglia di rivolgermi a qualche passante o a qualche vicino di casa, loro al momento non possono far nulla. Tutte le loro macchine sono impegnate con la sfilata in costume in Via Atenea. Proverò a spiegarlo ai miei nipoti, se dovessi trovarli spaventati. In questa città per reclamare un diritto ci si deve vestire di carnevale. Che sia loro d’insegnamento per il futuro.