Come la musica, i riti, i canti della Magna Grecia scandivano i momenti salienti della vita di uomini e donne, sin dalla loro nascita: questi e altri affascinanti misteri sono svelati dalla ricerca, condotta dalla docente di archeologia musicale, Angela Bellia, e dettagliata in un libro che sarà presentato sabato prossimo, 5 ottobre, alle 17, nella Chiesa S. Antonio Abate nel Complesso Monumentale dello Steri a Palermo.

“Il canto delle vergini locresi. La musica a Locri Epizefirii nelle fonti scritte e nella documentazione archeologica (secoli VI-III a.C.), edito da Fabrizio Serra di Pisa-Roma, è il titolo dell’opera, che sarà presentata da Paolo Emilio Carapezza, da Monica De Cesare, professore associato di archeologia classica, e dal presidente del Corso di laurea in Beni Culturali del Polo didattico di Agrigento, Oscar Belvedere. Presiederanno il rettore dell’Università degli Studi di Palermo, Roberto Lagalla, e la presidente del Polo universitario della provincia di Agrigento, Maria Immordino. Nella pubblicazione si approfondisce il ruolo della musica nella sfera femminile e maschile, nonché in quella dell’infanzia e dell’adolescenza, attraverso le fonti scritte – storiche, letterarie ed epigrafiche. Locri, polis italiota che si distinse per l’intensa attività cultuale e sacra, fu uno dei centri più attivi in campo artistico e musicale della Magna Grecia. Nel libro si affrontano diversi temi, ma in particolare si opera un distinguo di genere del ruolo della musica: per le donne ha una funzione nei riti religiosi, nell’educazione, come nella preparazione alle nozze, e perfino nella prostituzione sacra; per gli uomini, rappresenta il raggiungimento di uno status e di una sensibilità culturale, oltreché una funzione sacra o l’acquisizione di un’abilità artistica. “Se nella sfera femminile – spiega Angela Bellia – la musica e le attività corali avevano la funzione di preparare la donna a svolgere il compito assegnatole dalla società, quello di essere moglie e madre, nell’ambito maschile la musica aveva un ruolo paideutico e politico, forse in relazione con l’adozione da parte dell’aristocrazia locrese di modelli ellenici”. In questa prospettiva, la ricerca è un contributo alla ricostruzione della vita del passato e della sua storia musicale i cui riflessi sono nella cultura, nell’arte e nella memoria dell’Occidente.

L’archeologia musicale è un campo di ricerca multidisciplinare che coniuga i metodi dell’archeologia e della musicologia ed è stata oggetto nel maggio scorso, ad Agrigento, del convegno internazionale di Moisa su “Musica e riti dei Greci d’Occidente”.

Nel corso dei tre giorni di lavori la Fondazione AGireinsieme ha conferito ad alcuni tra gli studenti più meritevoli il Premio Moisa. È un ambito di ricerca molto caro alla Fondazione, presieduta da Salvatore Moncada, che ha inoltre dotato di strumenti tecnologici avanzati il Laboratorio di archeologia musicale diretto proprio dalla professoressa Angela Bellia, al Polo didattico di Agrigento dell’Università di Palermo, ed ha offerto supporto a un’attività di ricerca, ancora in corso, sui resti di un “gigante musicista” di Metaponto del V secolo a. C. che fornirà altri importanti elementi allo studio dell’archeologia musicale.