L’ennesimo terremoto che colpisce il Paese riporta alla ribalta il tema più scontato e comodo: l’abusivismo, dimenticando che il problema della sicurezza strutturale riguarda una fetta ben più ampia del nostro patrimonio edilizio e non solo gli edifici abusivi.

Sul tema interviene Rino La Mendola, oggi Vicepresidente del Consiglio Nazionale Architetti e componente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, che conosce il territorio agrigentino, per avere a lungo ricoperto il ruolo di Presidente dell’Ordine Provinciale e di Capo del Genio Civile di Agrigento.

Basti pensare, sottolinea La Mendola, ai fabbricati dei nostri centri storici, spesso abbandonati alla fatiscenza ed al degrado strutturale; fabbricati che sono stati in gran parte costruiti prima della classificazione sismica del territorio su cui ricadono e pertanto in assenza delle regole più elementari per resistere ad un sisma.

Per parlare del centro storico della Città dei Templi, basti ricordare gli esiti del progetto Hyperion, attraverso il quale i volontari di protezione civile dell’Ordine degli Architetti, già nel 2007, avevano censito le condizioni di stabilità di ben 692 edifici ricadenti nella zona del centro storico a sud di via Duomo, rilevando che solo 566 di questi risultavano agibili, mentre 50 risultavano inagibili, 10 parzialmente inagibili e 66 agibili solo con interventi di consolidamento.

Tali numeri che, a seguito di un nuovo censimento, oggi sarebbero certamente più allarmanti, ci fanno riflettere sulla necessità oramai inderogabile di introdurre nuovi strumenti di monitoraggio delle condizioni di stabilità delle costruzioni esistenti, come quel fascicolo fabbricato, che gli ordini professionali invocano invano da troppo tempo: una sorta di libretto sulla salute delle nostre costruzioni, che un tecnico incaricato dovrebbe aggiornare con una cadenza prestabilita al fine di rilevare eventuali criticità e di programmare gli interventi necessari per garantire l’efficienza delle strutture, nel tempo.

Ma nel nostro Paese se, da un lato, sottoponiamo le nostre auto a continue verifiche biennali, dall’altro, costruiamo le nostre case, le collaudiamo e poi pretendiamo che queste possano garantirci stabilità e sicurezza in eterno, dimenticando che i materiali che compongono le strutture invecchiano e, nel tempo, perdono le loro caratteristiche, compromettendo la stabilità delle nostre costruzioni.

A questo si aggiunga che un numero elevato di comuni sul territorio nazionale non sono dotati dei piani di emergenza, peraltro obbligatori dal 2012, che sono strumenti indispensabili per garantire la pubblica incolumità in caso di eventi calamitosi. In Sicilia, solo il 49% dei Comuni è dotato di un Piano di Emergenza ed, in Provincia di Agrigento, tale percentuale scende al 23%.

Il nostro Paese, a fronte di queste lacune strutturali, ritrova improvvisamente grinta ed efficienza   quando, a seguito di un terremoto o di un semplice crollo per fatiscenza strutturale di una costruzione, fa comodo individuare un capro espiatorio da mettere alla gogna.

A mio avviso, conclude La Mendola, è arrivato il momento di abbandonare la demagogia e di adottare, sul territorio nazionale, politiche concrete per la tutela del territorio, investendo sul monitoraggio delle condizioni di stabilità del patrimonio edilizio esistente, su una sistematica manutenzione dei corsi d’acqua e sul recupero del costruito, a fronte di una contestuale drastica riduzione di nuovo consumo di suolo.