Sarà inaugurata lunedì 18 aprile, alle 10:00, presso la biblioteca di Villaseta, la seconda mostra del ciclo artistico-sperimentale intitolata “La più bella città dei… bambini”, ideata dal critico Dario Orphée La Mendola, docente di estetica presso l’Accademia di Belle Arti “Michelangelo”.

La mostra, che trascende ogni forma di curatela scientifica, si ispira a una considerazione filosofica del gioco, i cui protagonisti, autori delle opere, sono gli stessi fruitori, e la messinscena artistica, composta da elementi essenziali, diventa conseguentemente una riflessione della coscienza dei bambini su se stessa.

“Per inventare la mostra -afferma Dario Orphée La Mendola- è stato modificato uno dei versi più conosciuti di Pindaro, recitato dagli agrigentini quasi a renderlo nullo, sostituendo “mortali” con “bambini”, dunque coloro che si sono affacciati da poco all’esistenza, chiedendo a classi di quinta elementare dei popolosi quartieri periferici di rappresentare, con dei disegni, la città in cui vivono. Quest’anno “La più bella città” esporrà le opere dei bambini degli istituiti di scuola elementare della “Quasimodo”, e si terrà, simbolicamente, cinquant’anni dopo la frana del 1966, presso la biblioteca di Villaseta, per un mese; successivamente sarà allestita alla biblioteca centrale. I risultati di questo esperimento/progetto, ovvero le opere artistiche dei bambini, vengono, di volta in volta, esposte in luoghi istituzionali e non della città, e fruite dagli autori. Tali opere devono essere interpretate quali analisi di Agrigento, mediate da sentimenti di esseri umani suscettibili alla generalizzazione, in grado di vedere oltre, e cioè non ancora inclini alla deformazione o, peggio, alla superficialità. Il progetto -conclude La Mendola- si amplierà ad altre scuole, sempre della periferia, e continuerà nel tempo, costituendo una sorta di “museo di carta” sul quale inizieranno degli studi di estetica pedagogica, i quali troveranno sede in un saggio che raccoglierà anche, in una sezione a parte, brevi lettere compilate da agrigentini non più bambini”.