Lo Stato italiano si starebbe preparando a cedere un’altra porzione di Poste Italiane.

Spinto dal rispetto dei termini indicati dalla Commissione Europea e nel tentativo di ridurre il debito pubblico dell’Italia, il Governo potrebbe a breve decidere di vendere una seconda parte di Poste Italiane, dopo l’IPO dello scorso ottobre.

Infatti, dopo la cessione del 35% avvenuta lo scorso anno, il Ministero dell’Economia e delle Finanze potrebbe metterne in vendita un altro 30%, passando così da una quota del 65% ad una del 35%.
Secondo questo progetto, la seconda vendita potrebbe far incassare allo Stato altri 3 miliardi di euro.

L’operazione prende quota a seguito della decisione di sospendere per il momento la quotazione delle Ferrovie dello Stato , e quindi mira a garantire comunque un introito per il Governo. Quindi dove trovare i soldi? Vendendo un’ulteriore quota di Poste Italiane.

Questa nuova cessione di un’azienda che rappresenta uno  dei “gioiellini” di Stato, però  non convince  i sindacati.

Per il segretario regionale della Cisl Poste Giuseppe Lanzafame: “Sono passati solo pochi  mesi dalla collocazione in borsa del 35% di Poste Italiane che già si vuol passare alla fase 2: la vendita di un’ulteriore quota.  La cessione di questa seconda quota ai privati cambierebbe la storia della più grande azienda di Stato! E se le cose andranno come sembra, avremo presto un nuovo decreto che fisserà la partecipazione dello Stato al 30 se non addirittura al 25%. In questo modo la svendita di Poste Italiane è servita su un piatto d’argento!”.

“Dopo l’approdo in Piazza Affari nell’ottobre 2015 –  spiega Lanzafame –  sembra che nulla sia  accaduto  in termini negativi. Anzi, assistiamo ad un aumento di ricavi. Ma noi amiamo considerare più fattori: l’economia, la qualità dei servizi, le prospettive, i progetti concreti e il clima aziendale.

“La dichiarazione del Ministro dell’Economia e delle Finanze  Padoan di cedere un’ulteriore quota ai privati – afferma il segretario –  ci spaventa e ci preoccupa perché significherebbe svendere  una delle più grandi aziende italiane. Poste rappresenta per i risparmiatori un baluardo di certezza e garanzia.   Un’azienda che ha alle spalle tantissimi anni di storia,  con una capillarità in tutta il territorio nazionale che ha consentito finora il recapito della corrispondenza a tutte le famiglie del nostro paese”.

“Di fatto, con la privatizzazione di Poste Italiane – ribatte il sindacalista –  ci sarà  un’attenzione sempre più residuale al servizio di recapito postale  e un accento sempre più marcato sul ruolo finanziario di Poste Italiane, che, oggi, grazie alla capillarità dei suoi presidi territoriali può tranquillamente lanciarsi in Borsa sfruttando la fidelizzazione dei cittadini accumulata in decenni di ruolo pubblico, per metterla a valore in prodotti assicurativi, finanziari e in sempre più spregiudicate speculazioni di mercato”.

“Ci viene difficile accettare  –  continua  Lanzafame –  che il governo pur di recuperare pochi miliardi, utilizzi Poste Italiane come  un “bancomat”, divenuta oramai l’unica azienda di Stato da poter  spremere. Non importa se lentamente si priva il cittadino di servizi, se si collocano prodotti finanziari in maniera smisurata, se la forza lavoro è in costante diminuzione, se migliaia di lavoratori subiscono pressioni commerciali,  procedimenti disciplinari e ricatti senza una specifica  ragione. Quello che ci preoccupa particolarmente,  è la drastica riduzione dei posti di lavoro che può derivare da questo processo repentino di privatizzazione”.

“Diverse sono le aziende italiane che rappresentano casi emblematici  in tal senso. Prima fra tutte Telecom Italia, che a seguito della privatizzazione si scelto di ridurre drasticamente il personale, nel giro di pochissimi anni. E’ questo il futuro che attende pure la nostra azienda”

“Ma se si dovesse verificare tutto questo – ribadisce il sindacalista –  mi chiedo che futuro e che prospettive avranno i tantissimi ragazzi part time, che si trovano da diversi anni in questa condizione? Questo è quello che vorremmo sapere da Poste Italiane”.

“Oggi –  conclude il segretario regionale –  gli stessi lavoratori che sono stati  gli artefici del miracolo italiano,  temono l’azienda perché vengono quasi quotidianamente  umiliati, offesi dalla dirigenza e dai clienti che non godono di un servizio di qualità. Purtroppo attualmente è questa  la reale condizione di Poste Italiane. Per la CISL sono da sempre  primari l’azienda ed il lavoratore, messi fortemente in discussione da forti interessi economici. E  se non si cambierà  rotta, sarà sostanzialmente un disastro economico e sociale in termini di occupazione”.