“Palazzo Lo Jacono sarebbe crollato anche senza le raffiche di vento, magari anziché cedere il 25 aprile del 2011 sarebbe accaduto sei mesi dopo”. Il docente di ingegneria Antonio Badalà e il geometra Pietro Munzone, consulenti del pm Santo Fornasier, ascoltati per la seconda udienza consecutiva al processo per il cedimento della secentesca struttura del centro storico, puntano l’indice sulle opere che avrebbero dovuto evitare il disastro.

I due tecnici hanno spiegato che “la situazione di precarietà era nota agli uffici comunali tanto che c’era stata anche un’ordinanza di sgombero delle case circostanti. Tuttavia non è stato eseguito quel monitoraggio che avrebbe potuto evitarne il crollo”.

Dieci gli imputati fra funzionari, tecnici e responsabili dell’impresa che eseguì i lavori. Si tratta di Giuseppe Principato, capo dell’Utc di Agrigento; Calogero Tulumello, funzionario di Palazzo dei Giganti; Attilio Sciara, capo della Protezione civile comunale; nonché Gaspare Triassi, Marcello Cappellino e Andrea Patti, componenti del collegio di progettazione e di direzione dei lavori urgenti per la messa in sicurezza dell’edificio del centro storico. Nell’elenco anche Giuseppe, Calogero e Carmelo Analfino di Agrigento, responsabili della ditta “Edil.Co.A” che ha eseguito i lavori. Sono accusati di crollo e disastro colposo.

Badalà e Munzone hanno anche contestato il sistema di tiranti. “Erano obbliqui e quindi non potevano avere grande resistenza. Il palazzo era destinato a crollare, se non ci fosse stata quell’ondata di vento anomalo sarebbe comunque successo nei mesi successivi”.