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“M’assettu e pensu”: Agrigento cocciu d’amuri

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Mentre l’impietosa classifica del Sole24Ore ci ricorda che, stando ad alcuni parametri stereotipati, la qualità della nostra vita lascia eufemisticamente a desiderare, questa terra riesce a stupire tutti (a cominciare da se stessa), fornendo perle d’orgoglio e di eccellenza.
Sì certo, sono di parte e, nonostante gli sforzi, non riesco a mettere da canto l’affetto fraterno; ma dicendo che “Cocciu d’Amuri” di Lello Analfino rientra nel novero delle più belle novità musicali del 2014, non la sto sparando poi così grossa. In fondo, sto solo facendo il collage di alcuni indizi (come si dice nel gergo forense) gravi, precisi e concordanti: quegli sprovveduti di Ficarra e Picone (ormai da anni ma solo per caso campioni d’incassi) eleggono quella serenata a motivo principale del loro film; quello scassapagliaro di Fiorello (animatore di villaggi turistici arrinisciutu) s’innamora istantaneamente di quella melodia; molte emittenti radiofoniche di borgata (Radio Deejay, Rtl 102.5, RadioUno etc.) diffondono quelle note sinuose nelle case degli italiani. Ma si sa: nemo propheta in patria! E così a Giurgenti, terra natia di incompresi santi, poeti, navigatori, grandi statisti, allenatura di palluni ed artisti internazionali, c’è chi grida al bluff, chi smaschera plagi, chi condanna l’oltraggio delle sacre ed inviolabili tradizioni popolari, chi biasima l’iperbolizzazione di un fenomeno non da baraccone ma, come si dice dalle nostre parti, da “barracche”.
Ma ci riesce davvero così difficile ammettere l’evidenza, riconoscere i giusti meriti, gioire e gongolare perché un nostro concittadino riesce a far parlare bene di sé (e quindi anche di noi)? Siamo davvero condannati, come diceva Tomasi di Lampedusa, al peccato del fare?
Cocciu d’Amuri è una ballata straordinariamente orecchiabile, modernissima ma orgogliosamente affogata nelle nostre radici ed intrisa di sicilianità; meglio, di giurgintanità. Tutti sanno che Lello da anni ormai non vive più ad Agrigento; ma è fin troppo evidente che non è riuscito a recidere il cordone ombelicale: la straordinaria e palpabile carica di nostalgia che pervade il brano in ogni sua singola sfumatura, ne fa una meravigliosa dichiarazione d’amore per la sua terra. Il suo Cocciu d’amuri è Agrigento, siamo tutti noi; e di questo dobbiamo andarne fieri e vogliamo essergliene grati. Tutto il resto è sicilitudine, anzi giurgintanitudine.

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