Licata. In casa Licata calcio continua a tenere banco la vicenda legata al presunto tentativo di combine che avrebbe riguardato due giocatori gialloblù avvicinati nella hall dell’albergo Europa di Rende da un dirigente della formazione calabrese con l’invito a non impegnarsi nella sfida dello stadio «Lorenzon» con la promessa di un ingaggio per la prossima stagione, non di somme di denaro.
La società anche ieri ha voluto mantenere il più stretto riserbo su chi siano i due calciatori coinvolti nella vicenda.
A parlare è stato ancora una volta il patron Giuseppe Deni che ha affrontato vari aspetti del presunto caso di combine.
«Abbiamo già provveduto a inoltrare il ricorso alla Procura Federale e adesso siamo in attesa delle successive decisioni dell’organismo di Giustizia Sportiva – le sue parole – voglio solo sottolineare una cosa: il nostro ricorso non è stato contro il risultato sul campo o per vedere squalificato il Rende dal campionato ma solo per il rispetto delle regole e della legalità».
Intanto sulla vicenda emergono nuovi retroscena che arricchiscono di elementi una storia su cui la Procura Federale è chiamata a fare luce.
Lo stesso Deni ha infatti reso noto che ci sono «prove concrete come sms e telefonate, abbiamo girato tutto agli organi competenti. Siamo praticamente retrocessi ma certe cose non devono mai accadere, ringrazio i miei calciatori per l’onesta professionale che hanno dimostrato».
A stretto giro di posta è arrivata la replica del Rende che, tramite una nota, ha respinto le accuse di combine avanzata dal patron gialloblù.
«Le affermazioni del primo dirigente del Licata – si legge – ledono sia l’immagine sportiva del Rende sia l’immagine etica di una Società che negli anni ha fatto della correttezza e del rispetto una missione di vita. La Società si dichiara sorpresa e offesa della leggerezza delle accuse avanzate nel post partita dal presidente del Licata, esortandolo ad essere più attento e più pacato nelle proprie esternazioni, evitando così di denigrare il lavoro e i sacrifici quotidiani degli stessi dirigenti biancorossi. Contestando fermamente le dichiarazioni del Signor Deni che ha buttato del fango gratuito sull’integrità morale dei dirigenti rendesi si sottolinea come sarebbe stato opportuno, eventualmente, denunciare subito tali nefandezze qualificando il presunto interlocutore. Il Rende – conclude la nota – si dichiara disponibile a qualsiasi forma di collaborazione con la Giustizia Sportiva al fine di continuare a garantire la grande trasparenza e il valore di lealtà sportiva che da sempre ne fanno una Società senza macchia e si riserva di tutelare la propria immagine e nelle sedi opportune».
Ma cosa può succedere adesso?
Il Codice di Giustizia Sportiva per i casi di illecito o tentato illecito dice che «il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica costituisce illecito sportivo e le società e i soggetti che commettono direttamente o che consentono che altri compiano, a loro nome o nel loro interesse, i fatti ne sono responsabili».
Le sanzioni previste sono pesantissime: si va dalla penalizzazione di uno o più punti in classifica, alla retrocessione all’ultimo posto e finanche all’esclusione dal campionato di competenza.
E’ chiaro che siamo appena alle fasi iniziali, ma dopo la presentazione della denuncia, nelle prossime ore si muoverà il Procuratore Federale Palazzi che, come prima mossa, ascolterà i due giocatori del Licata.
Giuseppe Cellura – LaSicilia
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